Volontà, azione, conoscenza: le tre manifestazioni del principio femminile


Nel pensiero filosofico induista, Shakti rappresenta il principio femminile, in contrapposizione a quello maschile, Shiva. Shakti dà origine la manifestazione di tutte le forme della Dea, dalle più luminose a quelle più oscure e terribili.

In termini simbolici, queste forme sono l’espressione di tutti gli aspetti del femminile e attraverso l’incontro con loro ogni donna può entrare in contatto con le proprie “dee” interiori.

Shakti manifesta se stessa come Iccha, la volontà; Kriya, l’azione; Jnana, la conoscenza.

Trovo che la riflessione su questi tre principi sia fondamentale, nella vita come nella pratica yoga.

Come accennato, l’energia di Iccha è la volontà. Nulla può iniziare se non c’è la volontà. Questo termine è però, in occidente, spesso frainteso. “Volere è potere”, si usa dire, richiamando un atto razionale, di forza, che pretende quasi di piegare la realtà al proprio desiderio.

Preferisco quindi usare il termine “intenzione”, perché esprime sicuramente la determinazione verso uno specifico obiettivo, ma lascia uno spazio di adattamento a ciò che ci si troverà davanti nel proprio cammino.

Ogni volta che si inizia la lezione di yoga, ad esempio, poniamo l’intenzione di lasciare ogni cosa che è esterna a noi. In questa intenzione è implicita la scelta di essere “qui ed ora”, in un  tempo ed in uno spazio preciso, con il desiderio di approfondire il contatto con noi stessi. Dopodiché, questa intenzione viene “messa in circolo”, quasi si lascia che agisca, senza aspettative né giudizio. Molto diverso dal volere pervicacemente qualcosa. In quest’ultimo caso, si limitano le possibilità di azione e di conoscenza, mentre affidando la nostra intenzione allo scorrere della vita, ci si apre ad esperienze e possibilità molto spesso inaspettate.

Kriya indica l’azione che dà corpo alle nostre scelte e intenzioni. La qualità dall’azione è importantissima. Fa differenza se faccio qualcosa per interesse personale, per aiutare gli altri o semplicemente per fare una esperienza. Personalmente, ritengo che l’ intenzione direzioni sempre la qualità ed il senso profondo della nostra azione, la “colori” e la caratterizzi in modo tanto più preciso quanto più è chiaro lo scopo, la motivazione del nostro fare.

Durante la lezione di yoga, propongo sempre di dichiarare a se stesse il motivo che sottende la pratica: così intenzione ed azione si fondono insieme nel singolo atto. Essere ben consapevoli del perché si sta eseguendo quel gesto – ed è un “perché” diverso per ognuna di noi – lo carica di grande efficacia. Inoltre, la pratica che propongo alle mie allieve ha  sempre una intenzione: scegliendo di lavorare, ad esempio, sull’equilibrio delle polarità, si orienta la propria attenzione a questo aspetto di sé e delle forme che si eseguono si osserva la connotazione solare o lunare oppure come è il lato destro e come il sinistro, per poi cercare l’equilibrio tra le parti opposte (o meglio, complementari). Anche in questo caso, l’intenzionalità con cui si propone la pratica fa la differenza.

Dietro a tutto ciò sta una costante presenza ed attenzione. Ed ecco che entra in gioco Jnana . Jnana è un percorso complesso, che continuamente si modifica ed aggiorna. La presenza costante a se stesse porta la consapevolezza dell’azione, consapevolezza che genera una conoscenza/ coscienza. “So” e questo sapere non ha nulla a che vedere con l’acquisizione di nozioni, non mette in gioco la visione logica e razionale dell’esistenza.

La conoscenza che attiene a Jnana è, come detto sopra, un processo, che parte dall’attenzione e dalla presenza a se stesse, attraverso cui si fa esperienza della realtà nella sua complessità. Da tale esperienza globale sgorga, per così dire, la conoscenza: è conoscere in senso lato, prima con il cuore, con l’intuito, abbracciando la realtà di cui si fa esperienza nella totalità. Solo in un secondo momento entra in gioco la necessità di razionalizzare/ verbalizzare, quasi un atto di completamento di quanto si è esperito.

Ma quest’ultimo passaggio non potrà mai esprimere completamente il senso profondo della conoscenza che deriva dallo sperimentare, con consapevolezza ed attenzione – e con l’intenzione di farlo – la realtà. Ecco quindi che Iccha, Kriya e Jnana sono inscindibili ed agiscono sempre insieme.

Nella pratica quotidiana di yoga, quindi, si cercherà la consapevolezza di ogni aspetto  dell’azione intenzionale – che sensazioni corporee, che emozioni e pensieri produce quel gesto –  e questo amplierà la “mappa di sé”, la conoscenza profonda – ed indicibile – di chi siamo veramente. Si attua un’apertura, un’espansione, una liberazione dai vincoli dei condizionamenti per permettere una visione più completa ed autentica, non solo di noi stessi, ma anche della realtà esterna con cui siamo perennemente in contatto ed in rapporto di scambio/ relazione continua.

 

Daniela Facciolo, insegnante Yoga Ratna, naturopata e floriterapeuta